Digital Natives, Digital Immigrants pubblicato nel 2001 da Marc Prensky è l’articolo da cui nasce l’espressione “nativo digitale”, con la quale ci si riferisce a quella generazione di persone nate e cresciute con l’avvento di internet, che hanno quindi acquisito stili cognitivi, di comunicazione e socializzazione profondamente diversi dalle generazioni precedenti. Paolo Ferri, con il quale ho avuto modo di confrontarmi durante un paio di trasmissioni televisive, nel libro “Nativi Digitali”, edito da Mondadori nel 2011, presenta una rassegna della letteratura scientifica sul tema, fornisce sicuramente una panoramica completa degli studi e degli autori che hanno parlato di nativi digitali.
C’è comunque da considerare che lo stesso Prensky, recentemente, ha messo in discussione la sua tesi, indicandola come ormai superata. Forse, si può imparare ad essere nativi digitali!
Presentazione del libro: “Media digitali e comunicazione interattiva sono i fenomeni più eclatanti del mutamento sociale e dell’industria culturale all’inizio del nuovo millennio. Oggi gli iPad, gli eBook, così come gli smartphone, e i Tablet Pc, sempre connessi a Internet, assediano ogni giorno più da presso il regno della carta stampata gutenberghiana. Ma la nuova cultura digitale, cioè l’affermarsi di uno stile comunicativo orientato all’interazione, alla produzione di contenuti e alla condivisione, è stata accompagnata, durante gli ultimi ventanni, dall’affacciarsi sulla scena di una nuova forma evolutiva dell’Homo sapiens: il “nativo digitale”. Chi sono i nativi digitali? Come comunicano? Come si relazionano al sapere? Nati e cresciuti all’ombra degli schermi interattivi, i Nativi sono simbionti strutturali della tecnologia, e le protesi tecnologiche che utilizzano dall’infanzia sono parte integrante della loro identità individuale e sociale. Fin da piccoli videogiocano, hanno un blog, e comunicano sui social network come Facebook o My Space. E con questa specie in via di apparizione che dovremo confrontarci noi immigranti digitali. Non sono nuovi barbari… Sono i nostri figli e sono, semplicemente, diversi.“